Quello che segue è l’incipit di Un terribile amore per la guerra di James Hillman, psicoanalista, saggista e filosofo statunitense.
C’è una battuta in una scena del film Patton, generale d’acciaio, che da sola riassume ciò che questo libro si propone di capire.
James Hillman – Un terribile amore per la guerra
Il generale Patton ispeziona il campo dopo una battaglia. Terra sconvolta, carri armati distrutti dal fuoco, cadaveri. Il generale solleva tra le braccia un ufficiale morente, lo bacia e, volgendo lo sguardo su quella devastazione, esclama: Come amo tutto questo. Che Dio mi aiuti, lo amo più della mia vita.
Se non entriamo dentro questo amore per la guerra, non riusciremo mai a prevenirla né a parlare in modo sensato di pace e disarmo. Se non spingiamo l’immaginazione dentro lo stato marziale dell’anima, non potremo comprenderne la forza di attrazione. In altre parole, occorre andare alla guerra, e questo libro vuole essere una chiamata alle armi per la nostra mente. E non andremo alla guerra in nome della pace, come tanto spesso una retorica ipocrita proclama, ci andremo in nome della guerra.
Cosa c’è di disumano nella guerra se la guerra la fanno gli uomini? Se riconosco nelle vittime i miei fratelli, se soffro al suono delle sirene, nel vederli spaventati e stipati nei rifugi, se sto incollata alla tv e mi commuovo mentre nasce un bimbo sotto le bombe, perché non riconosco in me ciò che agita i loro persecutori, la rabbia per il maltolto e il piacere di riprenderselo, la continua e inesorabile spinta alla conquista? Eppure con entrambi condivido la mia disumana natura umana.
Forse il disumano, cioè quel che non appartiene all’umano, sta nella sublime forma estetizzata della guerra.
Per approfondimenti: Silvia Ronchey su Un terribile amore per la guerra